Il lusso militare: la mia esperienza alla Scuola Ufficiali Carabinieri

CAPITOLO 8 – Il lusso militare

Dalla Pepicelli a un hotel 5 stelle (quasi)

La Scuola Ufficiali Carabinieri sta alla Pepicelli come un albergo 5 stelle rispetto ad un motel economico per famiglie.

Tutto è più elegante, più silenzioso, più professionale. E come ogni albergo di lusso, anche qui c’è un sistema invisibile che lo tiene in piedi: una forza lavoro fatta di Ausiliari come noi e di effettivi dell’Arma a cui toccano i compiti meno nobili.

L’accoglienza: tra gerarchia e disprezzo

Divisa carabinieri con due stelle e torre – simbolo del grado di Tenente Colonnello

Il primo giorno, ci accoglie un Tenente Colonnello, responsabile del personale. O almeno penso ricoprisse quel ruolo, che ci schiera davanti al suo ufficio e domanda ad ognuno di noi quali esperienze avessimo maturato nella vita in modo da assegnarci alle mansioni che più ci competessero.

Il suo disprezzo nei nostri confronti era palpabile. Lì si formavano i futuri ufficiali, l’élite dell’Arma. E noi? Ausiliari di passaggio, semplici esecutori di ordini, con la mente presumibilmente poco sviluppata.

Il rispetto per il grado (e il lavaggio del cervello)

Ma il lavaggio del cervello ricevuto fino ad allora non faceva altro che farmi fissare la torre e le due stelle che il tizio aveva sulla spalla, un grado talmente elevato che alla Scuola di Benevento non avevo quasi mai visto una persona che lo ricoprisse, e se allora dovevamo genufletterci di fronte a chiunque respirasse ed avesse una divisa, ora che stavo davanti ad un Dirigente tenevo una postura talmente rigida che dovevo sembrare un manico di scopa pronto a perdere l’equilibrio e sbattere a terra in qualsiasi momento.

L’unica cosa che avevo in più rispetto al giorno in cui ero entrato in caserma era la patente militare, ottenuta a Benevento. Lo comunicai con orgoglio.

In attesa di un incarico vero, mi affidarono a… innaffiare i fiori e spazzare la caserma. Il lusso militare, appunto.

Un piccolo mondo a parte

la scuola ufficiali vista dal mio ufficio
la Scuola Ufficiali vista dal mio ufficio

La Scuola Ufficiali confinava con un palazzo della TIM. All’epoca, per me quel logo non significava nulla. Non avevo nemmeno un cellulare. Ma anni dopo, sarebbe diventato parte integrante della mia vita: proprio lì, avrei lavorato nella Direzione Generale di Telecom Italia.

Una strana coincidenza. Una di quelle sincronicità che la vita ogni tanto ti regala. E non era nemmeno la prima.

Sincronicità già vissute

Alle elementari, a Velletri, frequentavo le Suore Pallottine. Durante la ricreazione guardavo con curiosità i ragazzi nel palazzo di fronte, seduti ai banchi. Era il Liceo Classico, quello che avrei frequentato qualche anno dopo.

E una volta al liceo, dalla finestra, guardavo i bambini delle elementari giocare nel giardino dove ero cresciuto io.

La vita in caserma (di lusso)

Alla Scuola Ufficiali, anche noi ausiliari godevamo di alcuni privilegi:

  • Condividevamo la stanza con una sola persona
  • Mangiavamo nella stessa mensa degli ufficiali
  • Avevamo accesso al parco con campi sportivi, biblioteca, aule multimediali
  • L’orario di lavoro era di 6 ore al giorno
    Dopo di che? Tempo libero. E Roma a portata di mano.

Era un altro mondo. E per la prima volta dall’inizio della leva, non sembrava più solo una punizione da scontare.

Conclusione: il presente che anticipa il futuro

Lì, alla Scuola Ufficiali, cominciai a percepire qualcosa di nuovo: il futuro.

Non avevo ancora le idee chiare su chi volessi diventare, ma quella nuova quotidianità — fatta di ordine, orari certi, cibo buono, e una certa libertà — mi dava un senso di equilibrio.

La leva obbligatoria stava lentamente diventando un’opportunità di osservazione del mondo.

continua…

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