Neve d’estate e bus anni ’60: si parte verso l’interno
Stanotte ha nevicato, tant’è che al mattino troviamo le montagne che ci circondano imbiancate e coperte dalle solite nubi.
All’ingresso del Denali National Park saliamo su un autobus anni ’60 che ci traghetta per 66 miglia all’interno del parco, fino al punto in cui inizierà il nostro trekking.
Il Denali è enorme, lungo svariate centinaia di chilometri, attraversato da una strada sterrata riservata ai bus turistici, verdi o gialli, che fanno avanti e indietro fermandosi a richiesta nei punti desiderati dai passeggeri.
Polychrome Pass: colori, ghiacciai e un panorama da favola
Il percorso si snoda tra vallate e montagne, ma è sul passo chiamato Polychrome che restiamo senza parole.
Sotto di noi, uno strapiombo di almeno 1000 metri si apre su una vallata verde, bianca, arancione e rossa, attraversata da fiumi asciutti per l’estate. Seguendo quei letti si risale ai ghiacciai incastonati tra montagne bianche e nere, con vette che si perdono all’orizzonte.
È una meraviglia. Incredibile quante tonalità di colore ci siano in questo posto. E chissà quante ce ne sarebbero ancora se solo il sole si degnasse di uscire!
Maledetto sole, dove sei finito?
Intanto ricomincia a nevicare e, man mano che ci avviciniamo al checkpoint, l’autobus comincia a gelare. Degli 11 aspiranti trekkers, 4 si tirano già indietro.
Il “tundra trail”, tra abbigliamento tecnico e vendette fashion
All’ingresso del Tundra Trail, la ranger che ci guiderà fa un briefing sull’attrezzatura… ed è qui che perdiamo Davis e Chiara, rimandati indietro per via delle loro tute “alla moda”. Fino a ieri prendevano in giro il mio abbigliamento tecnico. Oggi si prendono la loro fredda vendetta.
Io, invece, sfoggio l’ombrello, che mi accompagnerà per tutte le sei ore di pioggia incessante. La ranger mi guarda perplessa, gli altri trekkers con aria schifata… ma più tardi cambieranno idea: mentre loro si inzuppano fin dentro il Gore-Tex, io resto asciutto dalla vita in su!
Tutto quello che c’è sotto, invece, è zuppo e gelido per tutta la giornata. Camminare nella tundra artica – cioè una palude melmosa che ti ricopre fino ai polpacci – è un’esperienza più dolorosa che epica.
“Hey bear”, “buongiorno orso” e il grizzly panzuto
La ranger, ogni volta che passiamo vicino a un cespuglio sospetto, ripete: “Hey bear, we’re coming through!”, per avvisare gli animali della nostra presenza e tenerli lontani.
Ovviamente, questa cosa va contro i miei propositi, quindi ad ogni sua pausa aggiungo una rima molto personale: “Hey bear, please come here!”
Ma niente, a parte una mandria di caribù, di orsi nemmeno l’ombra.
Finché, insegnando alla ranger la versione italiana del richiamo – “buongiorno orso” – succede l’impensabile: da una collinetta spunta un bel grizzly panzuto, che se ne va per la sua strada ignorandoci del tutto.
Dobbiamo tenerci a distanza, ma finalmente la giornata ha preso senso. E no, non solo per aver visto l’orso: anche per aver sopravvissuto a un set de Il Signore degli Anelli in versione bagnata.
Buongiorno orso!
Scusa….. Fammi capire, ma Davis non ha fatto questo trekking a causa del suo abbigliamento? Ma che soggetto cazzo! Riferisciglielo! 😉
il caro Davis voleva fare il trekking con una fantastica tuta della Everlast! riferirò il tuo verbo luchino!