01 Novembre 2015 — Ikea, panna e cenette potenziali
La domenica si apre con un buongiorno triplo, uno di quelli pieni di affetto e aspettative:
«Buongiorno e buona domenica custoduccio, buongiorno Sandrino, buongiorno a tutti!»
L’intenzione era chiara: sondare il terreno per una cenetta serale tra amici. L’invito era buttato lì, con tono informale ma mirato: “ci sareste? facci sapere!”
Nel frattempo, nel pomeriggio, veniva annunciata una missione logistica ad alto rischio:
«Ce ne andremo da Ikea a fare ultra shopping.»
Un’uscita che prometteva code, carrelli traboccanti e litigi per la scelta delle tende. Ma la svolta culinaria non si fece attendere.
Alle porte della cena, Sandrino ricevette un messaggio criptico ma carico di ambizione:
«Ma ce l’hai un po’ di panna? Perché se ce l’hai, porto il resto e facciamo una cosa mega sfiziosa.»
La panna era l’ingrediente chiave. Senza quella, si sarebbe dovuto “inventare un altro modo”, qualunque cosa significasse. La tensione montava: sarebbe stato un piatto memorabile… a patto che Sandrino confermasse la panna.
02 Novembre 2015 — Ricordi struggenti, mobili smontati e pecore al volante
La mattina comincia con ironia:
«Anche se la panna non ce l’avete, io la faccio lo stesso la battutina.»
E via di «buongiorno a tutti», con quella leggerezza che dura appena un minuto.
Perché subito dopo parte il momento sentimentalone:
«Oggi è il 2 novembre… un anno fa facevamo colazione al Bargello. Eravamo in tre, anche Federico. Per me era un giorno molto molto molto triste… oggi, grazie a voi, è tutto diverso.»
Era una dedica affettuosa, un grazie sincero agli amici per averlo aiutato a rimettersi in piedi. Un abbraccio virtuale, ma carico di emozione.
Poi, cambio netto di registro: si torna alla realtà matrimoniale.
«Ieri pomeriggio ho passato la domenica a casa dei suoceri a smontare e rimontare mobili.»
Tutto per un motivo nobile: la sposa partirà da lì. E quindi non si poteva avere un mobile storto, una vetrinetta impolverata, o una parete da imbiancare. Tutto sistemato per le riprese.
Ma il momento clou del giorno è dedicato a un’analisi sociologica sulla guida in Calabria:
«Qui c’è il fenomeno dei guidatori pecora. Gente con bolidi da 300 cavalli che, davanti a un’ape o un camioncino, si mettono in fila e vanno a 60 km/h. E non li sorpassano. Mai.»
Il nostro eroe, invece, scalava la fila come un campione di F1, superando 5-6 auto in un colpo solo, appena trovava il rettilineo. Ma il dramma era il rientro:
«Appena rientri, ti scatenano l’inferno. Ti tagliano la strada, accelerano per non farti rientrare. Prima andavano a 50, adesso sembrano Schumacher.»
La cosa più assurda?
«Passato l’ultimo ostacolo, guardo nello specchietto e vedo ancora tutta la fila dietro l’ape. Non passano nemmeno con strada libera.»
E poi il colpo di genio:
«Il fenomeno peggiore è quando trovi due o tre camioncini attaccati.
Lo fanno apposta, dice Luisa: così al tutor beccano solo l’ultimo. Non so se è una cazzata, ma ti giuro, stanno incollati.
Ne passo uno, ne passo due… il terzo non riesco.
Allora forzo il rientro, mi butto dentro, e poi si scatena l’ira. Lampeggi, clacson, vaffanculo multipli.»
Conclusione morale:
«È una pratica pericolosa. Ma che ci posso fare? Io voglio bene a me stesso.»
03 Novembre 2015 — Rendiconti infiniti e voglia di dimissioni
Il giorno si apre con una risata senza contesto:
«Rimo. Ha ha ha ha.»
Poi arriva la mazzata:
«Sto andando a Roma per rifare, per la quarta volta, il rendiconto economico del 2014 dell’associazione.»
La motivazione è surreale:
«Perché l’ho fatto, poi l’hanno voluto ricontrollare. E poi ancora. E poi un’altra volta. Perché? Perché sono circondato da coglioni.»
Le accuse sono dirette, senza filtri:
«Docenti universitari, presidi di facoltà che pigliano 25.000 euro al mese… e non fanno un cazzo. Solo pippe mentali.»
Poi il dettaglio tecnico:
«Io ho scritto che nel 2014 eravamo in pareggio. Uno mi fa: “Presidente, ha sbagliato, ci avanzavano 15.000 euro.”
Ma che vuoi da me? Scrivilo tu, no? Io non modifico niente.»
E il rant finale è epico:
«Stanno ricontrollando un anno di entrate e uscite da 800 euro.
Fortuna che non bestemmio… guarda.»
Conclusione?
«Sto pensando seriamente di dimettermi da consigliere e segretario nazionale. Basta. Me stanno a rompe i coglioni.»
04 Novembre 2015 — Scuse, contabilità e un debito saldato
La giornata inizia con scuse sentite ma allegre:
«Scusa Rocchino se non mi sono fatto sentire ieri… ma ho ascoltato i tuoi messaggi con molta allegria.
Eh? Come con allegria? Parlavi di una cosa che t’ha rotto il cazzo!
Sì, ma l’hai raccontata con allegria, quindi bravo!»
Poi si passa a un’illuminazione divina:
«Rocchino contabile, custode buonanotte.»
Momento di confusione:
«Roberto, perdonami, ma non ci sto capendo un cazzo.»
E poi il climax fiscale della giornata:
«Ragazzi, finalmente… ho pagato.
Ho pagato 623,44 euro di multa a Equitalia. Mi sono levato sto pensiero.
Vaffanculo, sono molto più povero, ma almeno non ho più il pensiero. Li mortacci loro.»
Sandrino risponde con finto protocollo ufficiale:
«Bravo, Rocchino! Ora non sei più una cattiva persona per lo Stato Italiano.
Così, quando mi chiederanno: “Scusi, ma lei fa l’autista di Rocchino che è indagato?”
Io posso dire: “Assolutamente no! Ho il messaggio WhatsApp che lo prova!”»
05 Novembre 2015 — Spectre, ansie nuziali, Reykjavik e la Massoneria Illuminata
La giornata iniziò con Rocco che, come un agente segreto in incognito, lanciò il suo invito:
«Sandrino, senti un po’, ma tu te lo vuoi andare a vedere Spectre? Perché noi pensavamo di andarci domenica pomeriggio… E stasera, che fate? Magari ci si vede pure a cena.»
L’invito era esteso anche al Custode, ma si sapeva che James Bond non era proprio nelle sue corde.
Sandrino rispose con entusiasmo e malinconia:
«Mi piacerebbe un sacco, ma domenica starò a Reykjavik. Reykjavik quella vera, non un locale hipster di Pigneto. Dice Vincenzo che lì si tromba molto… quindi vado in esplorazione.
Stasera non ho niente da fare, ma… Veronica non vuole che esco. Vuole che resto con lei, tipo reliquia del cuore. Prova a convincerla con un messaggio su WhatsApp però, che Telegram non lo usa più.»
Sky, 007 e il fallimento del palinsesto
Poi arrivò la voce del Custode, deluso da Spectre mancato, ma ancora più incazzato con Sky:
«Io sono un grande fan della trilogia moderna di 007, perché ormai non è più 007, è diventato Jason Bourne, e a me Bourne mi gasa un casino.
Però Sky fa rosicare: 15 canali cinema e passano sempre le stesse merdate. Mai che rifacessero, che so, tutta la trilogia di Bourne o Mission Impossible: Protocollo Fantasma. Quello con l’attore inglese comico famoso… vabbè, non mi viene il nome, stamattina sto rincoglionito.
Passano sempre quel cazzo di film con Samuel L. Jackson che sembra un Cristo vendicatore… bello, eh, ma che palle. Sempre quello.
Quando uscì l’Hobbit fecero la settimana a tema Tolkien, ora che esce Star Wars rifanno tutto il canale a tema… ma ‘sto film di Mission Impossible, mai.»
E la minaccia velata al compagno di divano era chiara:
«Sappilo, Sandrino: se qui nessuno vuole andare al cinema, io me lo vado a vedere da solo a Diamante!»
Re Chiavic e il tocco poetico
Sandrino però aveva già dato il meglio:
«Reykjavik… Re Chiavic. Ma che nome è? Ma ci sarà il Chiavic? Ci sarà il Re?»
Seguiva auto-censura preventiva: «Ovviamente cancellerò questo messaggio e anche te, nel caso finisse in mani veronichesche.»
Rocco applaudì la comicità:
«No Custo, se a Reykjavik non combini niente con nessuna, diventa Reykjonic!»
Mentre Sandrino, serio e rassicurante, passava alla psicologia del cuore:
«Roberto, ricordati: a un matrimonio la protagonista è Luisa, tu devi solo seguirla. Fai come lei, sorridi, brinda, non dire un cazzo… e fila tutto liscio.»
Ansia pre-matrimoniale: confessioni e strategie
Fu allora che Roberto si aprì come un rubinetto rotto:
«È iniziato il countdown: manca un mese al matrimonio.
Fino a poco tempo fa ero tranquillo, beato, un pancione zen. Ora, invece, ho gli attacchi di panico.
Mi sveglio di notte con gli occhi sbarrati. Un’ansia assurda. Non è pentimento, è che io sarò il protagonista di un evento pubblico, e non ce la faccio. Io sono quello che ama stare in tre in una stanza, non tremila a guardarmi.
Tutti i matrimoni che ho fatto da invitato? Facili! L’attenzione era sugli altri. Ora tocca a me. E che cazzo gli dico ai parenti che non vedo da 15 anni?»
La strategia era quella suggerita da Sandrino:
«Se Luisa va a destra, io vado a destra. Se va a sinistra, io pure. Lei parla, io sorrido. Ma qualcosa mi dice che questo piano non reggerà.»
Poi, la richiesta di consulenza all’unico del gruppo con esperienza diretta:
«Rocchino, tu che sei già stato sposato tre volte, pure a Las Vegas se serve, ma gli attacchi di panico li avevi anche tu? O è solo una mia patologia?»
Green Fandango, CSI e Massoneria
Nel frattempo, Rokko stava per comprarsi Green Fandango in sconto su PS4, perché, diceva, col DualShock «se gioca meglio».
E poi un’altra perla:
«Oggi sono andato al Polo Tuscolano della Polizia Postale, centro d’eccellenza per i crimini informatici. Sembrava CSI Roma: 16 schermi a postazione, 10 operatori a monitorare chat, software, cose che manco so.
Domani lì faremo il congresso. Ma la cosa più figa? Il giudice in un processo ha detto:
“Mi fido dell’opinione del Dottor Cenci, molto più credibile del mio perito.”
Il mio perito ero io. Figo, no?»
E poi la bomba:
«Il tipo sta nel Rotary, negli Lions e nella massoneria. E m’ha proposto di diventare massone! E io, porca miseria, una cena al tempio me la faccio. Poi vi porto pure un video-reportage se volete.»
Il mistero delle pietre
Sandrino partì con una sua digressione mistico-architettonica:
«Ma perché i massoni sono sempre rappresentati come pietre? Cioè, io me li immagino tipo blocchi di porfido parlanti. È ignoranza mia o c’è qualcosa sotto? Boh.»
Il ritorno della ‘ndrangheta soft: tra minacce e zii tamponati
Ma la giornata non era finita. Roberto tornò su un tema che lo ossessionava:
«La ‘ndrangheta qua da noi è radicata, ma soft. Tipo ‘ndrangheta light. Per dire, parli dei M**o di Cetraro, e la gente ride.
Luisa è convinta che i nostri telefoni siano sotto sorveglianza. Perché il suo avvocato difende quei tipi là. Io boh, non ho nulla da nascondere, se non le stronzate che dico.»
E poi la storia shock, che già aveva raccontato, ma meritava la replica:
Una zia di Luisa era stata tamponata da un tipo col BMW X5, proprietario del Bar Lo S*****o di Guardia. All’inizio si scusò. Poi, quando la zia andò a chiedere il risarcimento, il tipo le disse:
«Tu me vuoi fregare! Occhio a quello che fai, sai chi sono io?»
Luisa prese in mano la situazione e mandò le carte legali. Il tipo fece chiamare Luisa da uno scagnozzo, minacciandola. Ma l’avvocato si mise in mezzo e convocò il tizio allo studio:
«La prossima volta che minacci la mia collaboratrice, so’ cazzi tuoi.»
Fine della storia: il tizio pagò e non fiatò più. E la morale fu chiara:
«Sono terribili, ma anche ignoranti. Vivono sull’ignoranza della gente. Ma se fosse capitato a me, me sarei cagato addosso.»
Sandrino chiuse il cerchio:
«Secondo me l’avvocato ha chiamato il boss e ha detto: “Io vi proteggo, ma non rompete il cazzo ai miei collaboratori.”»
06 novembre 2015 — Mussolini al bar, hostess troppo giovani e 13 ore tra hacker e sbadigli
La giornata inizia con un risveglio surreale. Roberto, reduce da un caffè al bar di Rino, racconta un siparietto che sembra scritto da una commedia dell’assurdo. Al bancone, due uomini e una donna discutevano dei mali d’Italia. Il tono era quello solenne da baretto: «Rubano tutti», «Magnano tutti», «Il paese è alla rovina».
E come da copione, arriva il colpo di scena:
«Aveva ragione quella buonanima di Mussolini!»
A quel punto, si scatenano gli applausi. Citazioni fasciste a pioggia, nostalgia canaglia, e nessuno che ridesse. Roberto, ormai spettatore coinvolto, annota mentalmente:
«Se ci mettevano pure un discorso sull’‘ndrangheta era proprio il jolly completo.»
Ma la vera gemma della discussione arriva poco dopo, servita dalla signora con un tono da rivelazione mistica:
«Anche se ci sono lavoratori onesti, non li lasciano lavorare.
Li denigrano, li maltrattano, li costringono a diventare disonesti pure loro.»
Roberto esplode dentro, ma resta composto. Quella frase era il jolly dei jolly, la carta definitiva della lamentela italiana.
«Grazie, signora. Lo aspettavo. Mi ha completato la giornata.»
Ma l’ironia finisce presto. O forse continua, in forma più stanca.
Dopo il bar, tocca alla fatica vera:
«Ho passato 13 ore al Polo Tuscolano della Polizia di Stato. Che coglioni.»
Lì si era tenuto il famoso congresso, quello da CSI italiano, dove il giorno prima aveva ammirato i mega-schermi e i tecnici da spy story. Ma stavolta, non c’erano effetti speciali. Solo noia, piedi gonfi e hostess.
E proprio sulle hostess, un’altra amara verità prende forma:
«Silvia, molto molto carina. Livia, molto molto carina.
Poi scopri che hanno 17 anni meno di te.
Cioè, io prendevo la patente e loro nascevano.
Quanto cazzo siamo vecchi, raga.»
Una riflessione secca, senza appello. Il congresso finisce. Mussolini è tornato nella bara. Le hostess sono tornate alle loro vite. E Roberto, con la solita lucidità comico-tragica, archivia un’altra giornata italiana.
09 novembre 2015 — Tavoli da matrimonio, contanti e mutande
La giornata si apre con un saluto ispirato alla letteratura marinaresca:
«Buongiorno amici dei fari tempestosi!»
Il tono è quello del navigatore esausto. E subito la domanda:
«Sandrino, sei tornato? Ti fermi di più? L’hai detto ma non mi ricordo…»
Poi si passa al racconto della domenica, che più che di riposo, aveva tutto il sapore di una tortura cinese a base di segnaposti e grafiche da banchetto.
«Ieri ho passato il pomeriggio a fare i tavoli del matrimonio. Siamo usciti scemi. Io sicuramente.
Perché far collimare tutto è impossibile.»
Il problema è sempre quello: incastrare gli invitati come un Tetris sociale dove ogni pezzo si offende.
«Dici: questo gruppo lo metto insieme, quest’altro pure.
Poi c’è quello da 20 che vuole stare unito, ma c’è anche il gruppo da 6, e i tavoli sono da 6 a 9…
E poi ci sono i cani randagi: quelli invitati da soli, che non sai dove mettere.
Se li metti qui stonano, se li metti là non conoscono nessuno.»
Insomma, un rompicapo senza uscita. Alla fine, la resa:
«Aspettiamo le ultime adesioni e cerchiamo di non fare incroci troppo azzardati.
Anche se scontentare qualcuno sarà inevitabile.»
Poi una nota logistica:
«Ah, qui sabato… qui.»
Fine frase criptica, lasciata volutamente in sospeso. Forse un segnale massonico. O solo stanchezza.
Ma il giorno non era finito. Poco dopo, un aggiornamento economico:
«Ho prelevato contanti per pagare un’altra rata del mio abito da sposo.
Non l’ultima, penso la penultima.»
E la confessione finale:
«È costato un po’. Poteva costare meno.
Se fosse stato per me, sarei venuto in mutande.»
10 novembre 2015 — Tavoli da incubo, cerchi bruniti e Netflix via Cubovision
Il 10 novembre si apre con una promessa:
«Buongiorno a tutti amici. Oggi messaggi vocali senza audio, per far contento il buon Sandrino.»
Segue quindi un riassunto accelerato della giornata precedente, come un centralinista impazzito:
«Domenica pomeriggio l’ho passata a cercare di organizzare i tavoli per il matrimonio.
Un casino. Non è facile. Quello vuole stare con quello, ma quello è meglio che sta con quell’altro.
Poi ci sono i cani sciolti, i reietti, quelli che non vorresti nemmeno avere al matrimonio, ma ci stanno.
E non c’entrano niente con nessuno.
Metti questo qua, diventa il tavolo troppo grande. Sposti quello là, diventa troppo piccolo.
È un bel pasticcio. Speriamo di accontentare tutti. Ma non sarà possibile.»
Il secondo fan-audio (non fan audio, proprio fan-audio, come fanfara e delirio) è dedicato ai soldi:
«Ieri ho prelevato un’altra tranche di dineros per pagarmi l’abito da sposo. E ancora non ho finito.»
Poi arriva un aggiornamento tragicomico dalla vita quotidiana:
«Cari custode e Rocchino, buongiorno.
Purtroppo sto invischiato con Vincenzo e mio fratello che non sono capaci di mettere le valigie dentro una Jeep di 70 metri quadrati.
La nostra mattina inizia così.»
La risposta è un’ode al panico:
«Se fosse successo a me, sarei scappato urlando nudo senza mutande.
Dove metti mano in una Jeep? Che c’è dentro una Jeep? Un portale spazio-temporale?
Io mi sarei già buttato dalla scogliera.»
Ma il momento più surreale della giornata arriva con una riflessione automobilistica:
«Fermi tutti. Questa me la dovete spiegare.
Ho sentito lo spot di un’auto: “Cerchi in lega 17…”
Mi aspettavo: “pollici.” Invece ha detto: “Cerchi Lega 17 bruniti.”
Che cazzo sono i bruniti?»
Domanda ancora oggi irrisolta.
E poi arriva la rubrica ortografica:
«Dattolino, ti giuro che ho letto solo adesso il messaggio e ci ho messo 30 secondi per capire che
TRUTMENTO era “trattamento.”
Leggevo: TRUTMENT, TRUTMENT… ma che vuol dire? Sto proprio alla frutta.»
Segue la stoccata gratuita:
«E comunque Sandrino, quante ne sai te. Non come Rocco!»
Ma la parte finale della giornata è un tuffo nella tecnologia domestica.
Roberto si rivolge a Rocchino con una richiesta quasi supplichevole:
«Mi interessa molto Netflix dopo quello che sei riuscito a fare a casa.
Anche io e Luisa vorremmo una TV in cameretta, ma l’antenna condominiale non prende un cazzo.
Ho messo Sky solo per quello, ma Sky mi fa pagare 10 euro in più per far vedere i canali su un’altra TV.
E forse devo mettere un cavo internet. O comprare quel cazzo di Jet WiFi.
Allora chiedo: per fare quello che hai fatto tu serve solo un cellulare, un Chromecast e l’abbonamento Netflix?
Ma il cellulare deve essere per forza HD?
O basta che Netflix è HD e poi lo passa sulla TV?
Dimmi de sì Rocco, che me lo vado a comprare all’istante.»
A questo punto, interviene Sandrino con una strigliata fraterna:
«Ma mannaggia la madosca! Lavoro da dieci anni a CuboVision, che è la stessa cosa di Netflix!
E mo’ ti fai Netflix, che costa pure 3 euro di più?
Io rimango allibito, Roberto. Allibito.»
11 novembre 2015 — DSL scomparsa, morosità mistica e ragni salterini
La mattina successiva comincia con pentimento e comprensione:
«Sandrino, pure te c’hai ragione. Cazzo c’hai ragione. Buongiorno a tutti.»
Poi, scena da horror automobilistico:
«Cari amici, buongiorno. Giusto due cose.
Primo: c’è un ragnetto dentro la macchina. Ma non uno qualsiasi: un ragnetto salterino.
Lo devo spiaccicare prima che mi salti addosso.
Secondo: giovedì pomeriggio parto, giusto? Perché io sono rincoglionito. Fatemi sapere.»
E arriva la bomba DSL:
«Mi sa che mi hanno sgamato con la linea DSL.
Da ieri non c’è più. Ho chiamato il 187, inserito il numero, e la voce elettronica mi ha detto:
“Il numero da lei selezionato è momentaneamente sospeso per verifiche tecniche.”
Mi sa che me s’inculano.»
Un’ora dopo, arriva il verdetto:
«Mistero risolto! Risulto moroso.
Da quando hanno attivato la linea (che io non ho mai firmato), mi mandavano bollettini postali ogni mese…
Ma a me non è mai arrivato niente.»
Il motivo? Grottesco:
«Non abbiamo una cassetta postale. Avevamo detto al postino di lasciare le bollette al negozio Sport Paradice.
Ma non è mai arrivato nulla. Quindi, ora, me la devo inculare con le poste.»
La soluzione? Decisa:
«Ho appena pagato 78 euro e qualcosa tramite Sisal.
Dicono che entro 24 ore mi riattivano tutto.
Poi mi faranno un accredito di 13 euro per la riattivazione. Speriamo.
Ma comunque quando feci il contratto avevo chiesto di pagare con accredito bancario.
Doveva arrivarmi un PDF, un modulo SEPA da firmare. Mai visto niente.»
Il finale è un misto tra accettazione e ironia:
«La signorina al telefono non sapeva un cazzo.
Però mi ha detto che su MyTIM posso scaricare il modulo da firmare.
E vabbè. Misteri misteriosi.
Il moroso custode vi saluta.
Alla prossima puntata de Il ladro custode!»
12 novembre 2015 — DSL riattivata e rincoglionimento da celibato
Roberto apre la giornata con rinnovato entusiasmo: aveva pagato, era tornato in regola col mondo, e poteva finalmente annunciare con orgoglio:
«Da oggi non sono più né moroso né brunito. La DSL è tornata!»
Era tempo di progetti: l’idea era quella di replicare l’impianto Netflix+Chromecast di Rocchino, piazzando un televisore da 32 pollici in cameretta, per evitare l’umiliazione dei 10 euro in più di Sky. L’entusiasmo era alle stelle.
Poi però il cervello ricadde in modalità sabbia mobile:
«Partiamo venerdì per l’addio al celibato, giusto? Quindi io devo salire giovedì pomeriggio… o no?»
Luisa, con tono misto tra sarcasmo e pietà, aveva già sentenziato:
«Ma sei rincoglionito? È ovvio che parti venerdì, quindi sali giovedì.»
Roberto, però, non si fidava nemmeno più della propria memoria. Il treno non era ancora prenotato, i dubbi si moltiplicavano, e l’unica cosa certa era la confusione. E il fatto che nessuno si fidava davvero che avrebbe prenotato in tempo.
13 novembre 2015 — Cornetti, compleanni e video mancati
La mattina seguente inizia con un annuncio degno della Guida Michelin:
«Sto per assaggiare il cornetto con crema alla nocciola, specialità della pasticceria che frequento ogni sera. Vi saprò dire.»
Il responso, però, non fu all’altezza del battage:
«Buono, sì… ma troppo dolce. A me le cose troppo dolci non piacciono. Io sono da gusti amari.»
Nel frattempo, Rocco si svegliava pronto a prendere per il culo tutti, specialmente Roberto. Prima con un video, poi con il promemoria:
«Oggi è il compleanno di Leonardo, lo sapevate? Vero, Sandrino?»
Sandrino, punto sul vivo, insorse:
«Come osi dubitare? Ieri sera Luisa stessa mi ha detto di fare un video per Leonardo. Poi, però… abbiamo lavato i piatti e ci siamo messi a dormire.»
La promessa degli auguri fu fatta con solennità, ma “di là”, non su Telegram, per non urtare la sensibilità di Sandrino.
Anche il custode si fece vivo, confermando di aver segnato la data:
«Auguri al piccolo Leonardino, a mamma Margherita e a papà Rocchino.
Ah, e buongiorno, anche se qui è ancora buio pesto.»
Nel frattempo, Sandrino affrontava una mattina post-pizza con peperoni (ovvero salame piccante), bocca impastata, e un caffè lungo all’orizzonte, perché in quelle terre “corto” non esiste proprio.
Nel cuore del giorno partì poi una discussione filosofica sulla parola gelatiere, che fu proclamata “parola del giorno”, seguita da un revival nerd tra Star Trek e Guerre Stellari:
«La resistenza è inutile.»
«Ma era Star Trek o Star Wars? Oddio, erano i Borg? No, erano… boh.»
Alla fine qualcuno esclamò fiero:
«Allora ci ho preso!»
15 novembre 2015 — Il reggi scroto, il viaggio e la bicicletta maledetta
Veronica e Sandrino avevano già riservato uno spazio in salotto per esporre il “reggi scroto” di Roberto e Luisa. Un oggetto, a quanto pare, ibrido tra arte concettuale e prodotto da televendita.
«Lo metteremo su uno dei ripiani sopra la televisione. Così sarà lì, a guardare ogni film Sky, ogni episodio di Masterchef, ogni cena con amici.»
Qualcuno chiese subito:
«Ma lo fate anche in versione estiva? Perché quello mi sembra bello pesante…»
Roberto rassicurò tutti:
«Certo! È double-face: da un lato invernale, dall’altro estivo. Copre tutte le stagioni.»
Nel frattempo si pianificava la partenza per il weekend:
«Partiamo venerdì sera… o forse sabato mattina, dipende dai casini di lavoro. Vedremo.»
E Sandrino? Sandrino era ancora lì, in attesa di sapere se 007 l’avesse visto solo lui. Nessuno rispose.
Poi arrivò l’annuncio atteso:
«Tutti i reggi-scroto sono pronti! E ci sono anche le Collector Edition. Vedremo a chi capiteranno.»
Roberto nel frattempo aveva anche prenotato il treno per tornare giù dalla Calabria, ma il dubbio lo tormentava:
«Noi torniamo per le 5 a Velletri, giusto? Perché io alle 5 ho il treno da Latina… ditemi di sì, vi prego.»
Ma la logistica era solo l’inizio. Il vero problema era la bici:
«Alla fine ho deciso: vado in treno. Cinque ore di macchina da solo non me le reggo.
Ma come cazzo la recupero, poi, la bici?
Dovrò tornare con la station wagon di Luisa.
Che già mi ha lanciato anatemi e bestemmie preventive, dicendo che non devo fare certe strade pericolose.»
Tutto questo mentre Rocco, da buon sfottò, rilanciava:
«Domani sera nuova serata di prove tecniche di reggi scroto!»
16 novembre 2015 — Doni misteriosi e sogni infranti
Roberto aprì la giornata ringraziando Sandrino per l’entusiasmo quasi napoletano che metteva nell’organizzazione del matrimonio.
«Ma purtroppo siamo in Calabria, non in Campania. Quindi certe cose non ce le abbiamo. O meglio, abbiamo le peggiori cose della Campania, ma non le migliori.»
Poi, il mistero:
«Stasera, se tutto va bene, ritiro i regali per i testimoni.
Chi saranno? Non lo dico.
E cosa ho preso? Neanche. Ma lo so.»
Questo bastò per scatenare la fantasia collettiva.
Sandrino, con tono preoccupato, sottolineò che se Roberto “andava a ritirarli”, voleva dire che non erano:
- Dodge Challenger nuove di zecca.
- Lily Drone importati dagli USA.
- Due slovacche addestrate per sollazzare tutto il giorno.
E allora? Magari un Rolex? Un Milgauss vetro verde per Sandrino? Un Deepsea James Cameron per Rocco?
Roberto giocò con l’ambiguità:
«Ho preso un Wilbao per Sandrino e un Gipsy King per te.»
Sandrino chiese:
«Wilbao? Intendi Bilboa, tipo bagnoschiuma?»
E qualcun altro rilanciò:
«O un Malboa, la statua dei Rocchi?»
Infine, l’inevitabile degenerazione:
«A me piacerebbe un pompino da una calabrese soa…»
«Eh, per quello bisogna scendere sotto Falerna… ma poi vi spiegherò. O forse ve l’ho già spiegato.»
18 novembre 2015 — Cicci putti, Fallout e pornografia in calo
La giornata inizia con un “buongiorno cicci putti”, accolto da Sandrino con la solita ironia affettuosa, mentre Roberto, ancora mezzo sfasato, annuncia il suo nuovo amore videoludico: Fallout 4. Fan dichiarato della serie, si dice entusiasta del nuovo capitolo.
Dall’altra parte, Rocco conferma che non si tratta solo di entusiasmo personale: Fallout 4 è un fenomeno globale. Dodici milioni di copie vendute nella prima settimana, record di utenti su Steam, server crollati per l’afflusso. Persino PornHub ha registrato un crollo di accessi nel giorno del lancio: i nerd, per un giorno, hanno sostituito le loro solite abitudini con il post-apocalittico.
Eppure, Roberto resta dubbioso: il gioco è bello, ma i bug abbondano, come sempre nei titoli Bethesda. E soprattutto, quell’esplorazione senza fine — girare, girare, girare — senza una vera trama avvincente, non fa per lui. Le critiche si allargano anche a Tomb Raider, uscito lo stesso giorno: un flop colossale da 48.000 copie vendute, contro i milioni di Fallout. Un crollo che non si vedeva dai tempi del 286.
19 novembre 2015 — Treni, ansie e vecchiaia da videogiocatori
Dopo lunga indecisione, Roberto annuncia di aver finalmente prenotato e pagato il treno. Arriverà a Latina verso le 13 e poi a Velletri. È carico per la serata, ma confonde le tempistiche: parla di “domani sera”, quando tutti sanno che si partirà nel pomeriggio. Sandrino coglie la palla al balzo per punzecchiarlo, e prova a chiedere quanto ha speso per rimborsarlo, come si conviene in un addio al celibato. Roberto, però, glissa elegantemente: nessun rimborso, è un regalo che fa volentieri.
Nel frattempo, una scena surreale movimenta la sua giornata: alla guida, nota due figure sul ciglio della statale. Si avvicina e scopre che gli fanno l’autostop. In preda a un mix di pregiudizi e paranoia da telegiornale, decide di non fermarsi. Poi si autocondanna: «Sono proprio una brutta persona», pensa, ma la paura ha avuto la meglio.
Si torna a parlare del weekend. Sandrino, previdente, propone di portare scarpe e pantaloncini da corsa, giusto nel caso si volesse spurgare la sera dopo gli eccessi. Roberto acconsente, ma ridimensiona le aspettative: non corre da due anni.
La giornata però prende una piega da forum nerd. Si riapre il capitolo Fallout: Roberto non sapeva nemmeno di quanto il gioco stesse spopolando. Rocco aggiorna tutti: bug ovunque, motore grafico vecchio di 15 anni, identico da Oblivion in poi, con cartelle e file che non sono cambiati di una virgola. Il successo è planetario, ma lo sforzo tecnologico nullo. E a lui, sinceramente, questo inizia a pesare.
E mentre si preparano al viaggio, riaffiora l’ansia da aereo. Roberto lancia un appello: non è per fare il difficile, dice, ma ha paura di volare, soprattutto in questo periodo. Vorrebbe qualcosa di vicino, di tranquillo. Qualcosa di semplice, insieme agli amici.
Si passa poi alla filosofia da videogiocatore adulto. Sandrino, senza tempo libero, invidia chi riesce ancora a giocare. Roberto rivela il suo segreto: gioca a mezzanotte inoltrata, quando Luisa è già crollata. Con gli occhi gonfi, e il cervello a metà.
Per rilassarsi davvero, però, c’è LEGO Batman 3, uno spaccamattoncini divertentissimo. In parallelo ha cominciato anche Mafia II, ma per la prima volta nella sua vita ha dovuto abbassare il livello di difficoltà. Non ce la fa più, mentalmente. Due anni fa aveva platinato Darksiders 2 in modalità apocalittica; ieri, a livello easy, rischiava di morire al primo nemico.
Una consapevolezza amara lo colpisce: il cervello ha quarant’anni. Ed è clinicamente defunto. Solo due anni fa era capace di performance titaniche. Ora fa fatica anche a iniziare. Ma non è solo colpa dell’età. È anche il tempo, che non c’è più. E se gioca fino a tardi, è solo perché Luisa, stanca morta, gli lascia campo libero.
20 novembre 2015 — Bug, mutanti e un addio al celibato in arrivo
La mattina parte con un chiarimento tecnico: su console non esistono più i cheat. I trucchi, quelli veri, sono spariti. Fallout permette di cambiare il livello di difficoltà al volo, ma niente codici magici. Un design pensato per accomodare anche il giocatore medio — o stanco.
Roberto racconta il suo ennesimo disastro: dopo una lunga e faticosa missione contro una base di super mutanti, entra in un edificio. All’uscita, si trova una sentinella meccanica teschio a due passi. Fa in tempo a vederla, poi muore. Il problema? Il salvataggio automatico si è attivato esattamente davanti alla sentinella. Ogni volta che ricarica, muore.
Non gli resta che ricaricare un salvataggio precedente e rifare mezz’ora di gioco, ripetendo tutto. Solo con un trucco acrobatico — usare l’invisibilità, mandare il cane a distrarre la sentinella e scappare — riesce a cavarsela. Una scena epica, da romanzo. Il cane, ovviamente, cade sul campo. Ma il padrone sopravvive.
La chiave di tutto? Leonardo va a dormire presto. Così Rocco, da padre modello, ha ogni sera due o tre ore libere per giocare in santa pace.
E infine, l’attesa notizia: il viaggio sarà in aereo. Rocco cerca di rassicurare Roberto: durerà meno che farlo in macchina. Solo la rottura dei controlli, ma il tempo effettivo sarà minore. Roberto si agita in silenzio.
Ma il messaggio più importante arriva poco dopo. Rocco e Sandrino, con la complicità degli altri, mandano un messaggio serio, sincero:
«Cust, questa è la tua festa. Ci sono varie proposte per domani, ma dicci tu cosa preferisci. Vogliamo che tu stia bene. È tutto per te.»
Nel frattempo, si organizzano i gruppi: qualcuno è già “alla frontiera”, qualcun altro fa un aperitivo a Roma, altri sono “a 12 km dal luogo X”. Qualcuno osserva: «Stiamo passando il Tevere. Chi conosce la geografia saprà dove siamo.»
Ma la vera sfida non è il viaggio. È trovare il casale.
Le indicazioni sono vaghe, strade sterrate diventate asfaltate durante l’invio di un messaggio, località dal nome evocativo come “Potere dell’Olmo”, e tutte le strade — sbrecciate, sbracciate, tutte uguali — portano nel nulla. O forse, alla festa più assurda dell’anno.
22 novembre 2015 — Steam Boy, viaggi e ignoranza videoludica
Quel giorno, Roberto si sentiva grato. Rocco aveva avuto la pazienza di aspettarlo e il cuore gentile per non farglielo pesare. Una gentilezza che meritava un ringraziamento, anche se espresso con il solito tono affettuosamente infantile: “Grazie Rocchino, che sei così buono e gentile”.
Nel frattempo, l’auto viaggiava verso San Cesareo, la meta quasi raggiunta. Davanti, tutto filava liscio, tranne una piccola questione rimasta in sospeso: la Steam Boy.
Sandrino, che aveva già aggiornato Rocco, guardava il custode con aria interrogativa: possibile che non ne sapesse nulla? Una console portatile di Steam, in uscita da settimane, già in fase di preordine… e lui? Muto. Roberto cercò una scusa, ma ormai era chiaro: non ne sapeva nulla.
Il giudizio fu unanime: “Non capisce un cazzo”. L’ignoranza tecnologica di Roberto, almeno secondo gli altri, era ormai conclamata.
Rocco rincarò la dose con ironia: la Steam Boy era il futuro, se ne parlava da anni. E aggiunse un’ultima stilettata: «Ma tu dove leggi, Roberto? Su Game Machine?!»
23 novembre 2015 — Sciatica, gomme esplose e treni con Un posto al sole
Il lunedì inizia con un’inquietante sincronicità: Roberto si sveglia con un dolore lancinante al fianco destro, zona reni, proprio come Sandrino nei giorni precedenti. Che fosse la “sciatica empatica”? Si massaggia, si raddrizza con fatica e si risiede sul trono di ceramica. Per ora, sembra andare meglio, ma il sospetto resta.
Prima di partire controlla le gomme dell’auto, ricordando le disavventure del giorno prima. Il pensiero va a Paoletto, che la sera prima aveva viaggiato con gomme talmente rovinate che parevano uscite da una gara di Formula 1: lembi di copertone a pezzi, battistrada inesistente. A detta di tutti, una scena più da camion dei rumeni che da utilitaria italiana.
Roberto, Meconzino e altri amici avevano cercato di fargli capire che era un miracolo essere arrivati vivi. Paolo, come sempre, aveva glissato: «Giovedì ho già l’appuntamento dal gommista». Ma nessuno era convinto che ci sarebbe arrivato, a giovedì. Era stato un rischio inutile, uno di quelli che in autostrada non perdona.
Il viaggio di ritorno, però, aveva regalato anche un momento surreale: il compagno di scompartimento sul treno, un ragazzo vestito di tutto punto, barba curata e smartphone incollato all’orecchio, aveva passato l’intero tragitto a telefonare — ma non per cazzeggio. Coordinava turni di riprese per Un posto al sole. Ogni frase era un’esplosione di scene, date, e battute di copione. A ogni stazione, una nuova comparsa da richiamare. Roberto era rimasto in silenzio, godendosi la scena come se fosse un backstage gratuito. Un piccolo regalo da Trenitalia.
A fine giornata, Sandrino — con un raffreddore che gli impediva persino di respirare — riporta alla luce l’orrore delle gomme. Secondo lui, non aveva mai visto pneumatici ridotti in quello stato, neanche sui camion stracarichi dell’est Europa. “Avete fatto duecento chilometri al paese a filo della morte”, sentenzia. Roberto non può che confermare, aggiungendo qualche dettaglio tecnico sulle condizioni disastrose. Ma ormai era andata bene.
Il giorno si chiude con un pensiero malinconico a Leonardo, ammalato. Roberto ipotizza con dolcezza che forse l’assenza del papà gli abbia abbassato le difese. Ricorda la sua infanzia piena di raffreddori, visite mediche e tonsille tolte. Da allora, dice, sta meglio fisicamente… ma cognitivamente sempre più stupido.
24 novembre 2015 — Patente scaduta, deliri nerd e tentazioni da Black Friday
La novità del giorno arriva con un foglio della Motorizzazione: la patente di Roberto è scaduta da metà ottobre. Da più di un mese, dunque, viaggia beatamente da fuorilegge. Si maledice e corre ai ripari: bollettini, visite, incastri burocratici. Ma l’ospedale di Cetraro — roccaforte dei “M**o” — è chiuso fino alle 10. Quando arriva, lo accolgono con una perla: la dottoressa non c’è. Dovrà tornare il giorno dopo.
In parallelo, i pensieri si affollano: PS4 sì o no? Gli sconti del Black Friday iniziano, ma sono deludenti. Su Amazon America vendono la console a 299 dollari. Un affare. Ma tra dogana, attese e incognite… meglio lasciar perdere.
Nel frattempo, la febbre da bundle lo contagia: sogna una PS4 da 1TB con God of War 3, oppure Beyond: Two Souls, o anche The Order. Ma intanto si prepara a Xenoblade Chronicles X, che uscirà tre giorni prima del matrimonio. E sa già che sarà un disastro coniugale annunciato.
Sul fronte videoludico, si scatena una discussione infinita su Star Wars Battlefront, che Sandrino inizialmente chiama “Vatchefrint”. Rocco lo descrive come un capolavoro grafico, una meraviglia tecnica, un orgasmo per gli occhi… ma vuoto come un guscio d’uovo. Solo multiplayer, nessuna storia. Per gli amanti dell’azione pura. Sandrino ribatte che preferisce di gran lunga LEGO Star Wars, finito quasi al 100%, e per lui grafiche next-gen o meno “sti cazzi”.
Intanto, Roberto pianifica l’acquisto di Green Fandango Remastered, a 4,99€. Ritorno alle avventure grafiche, alla narrazione vera. Fallout 4, nel frattempo, diventa sempre più convincente: non solo spari e mutanti, ma missioni di investigazione, meccaniche gestionali, costruzione di insediamenti e libertà creativa. Un gioco dentro il gioco.
Alla fine della giornata, arriva il messaggio filosofico di Sandrino: non è preoccupato per gli acquisti compulsivi di Roberto, ma per il fatto che Rocco — da psicologo — li giustifica. Roberto, però, ha la risposta pronta: «Rocco non può fermarmi. Ha accesso al mio account GOG e ci gioca pure lui. È un conflitto di interessi.»
26 novembre 2015 — Lucente, la patente e… l’estetista
La giornata si apre sui Pratoni del Vivaro, con Rocco che, come sempre, anticipa i tempi e saluta tutti mentre il sole ancora si stiracchia dietro i Castelli. Il cielo è grigio, alla Silent Hill, come direbbero i vecchi contadini del luogo.
Intanto, il custode si lancia nel traffico, uscito prima del solito, deciso a risolvere finalmente la questione della patente. È ormai ufficialmente un pirata della strada, e non può permettersi di girare ancora senza un documento valido.
Ma la missione ha un nome quasi epico: il dottor Lucente. Non è un personaggio di Star Trek, bensì il medico che dovrà firmare il certificato sportivo per il rinnovo della tessera in palestra e, possibilmente, anche dirgli una volta per tutte se quella benedetta visita oculistica serve davvero per rinnovare la patente.
Poi, di corsa a Cetraro. All’ospedale. Sempre lo stesso. Sempre quello infestato dai parenti dei “M**o”, protetto più dell’anello del potere. Spera solo che, stavolta, la dottoressa non sia in ferie per il torneo regionale di Burraco.
Tossisce anche. Non bastasse tutto il resto, adesso ci mancava la bronchite.
E mentre il custode si destreggia tra certificati e catarro, Rocco lancia una provocazione scherzosa: come fosse andata, quella famosa pulizia del viso? Ma la risposta arriverà il giorno dopo. Ed è tutta un’altra storia.
27 novembre 2015 — Bernoccoli, sopracciglia e verità scomode
Il freddo entra nelle ossa, e mentre tutti vanno a Roma lamentandosi per la cacca non fatta, la chat esplode. È una giornata epica, in cui le frivolezze si mescolano a drammi veri, in un crescendo che solo loro sanno orchestrare.
Il tema X Factor viene accantonato a favore di Project Runway, che vince a mani basse per via delle modelle gnocche e degli stilisti caricaturali. Il custode, però, è indietro con le puntate: è stato alla mezzia a recuperare Luisa, e poi ha crollato sul letto, dopo aver ignorato pure Project Runway. E X Factor. E pure la realtà.
Rocco racconta la sua odissea quotidiana: dodici ore fuori casa, Leonardo con un unicorno in fronte grazie a una capocciata e a tre ore e mezza di sonno pomeridiano imposte dalle nonne. Risultato: cena saltata, nanna posticipata, incazzatura assicurata con suocera e madre. E oggi lo attendono 15 persone da esaminare, di cui solo una forse passabile.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, arriva la confessione del custode: la pulizia del viso è stata una tortura medievale. Ceretta alle sopracciglia, punti neri strizzati con sadismo… il tutto prenotato da Luisa senza preavviso. Quando ha realizzato cosa lo aspettava, era già troppo tardi. La telefonata post-seduta è stata una bestemmia coniugale in viva voce. Però adesso ha la pelle di un dodicenne. Liscia. Perfetta. Quasi inquietante.
Ma il vero crollo di dignità arriva quando confonde Project Runway con America’s Next Top Model, scatenando l’ilarità generale. Rocco lo inchioda: prima le sopracciglia ad ala di gabbiano, poi i reality trash… “Ti stai trasformando in Tiziano Ferro col vizietto della ceretta?” La notizia, con grande onore, viene subito esportata nell’altra chat.
Nel frattempo, Sandrino racconta la serata con Luca. Nessun effetto. Nessuna emozione. Solo un senso di vuoto. Per lui, ormai, Luca è come uno sconosciuto. E Rocco lo capisce. Anche lui pensa che le persone si trasformino quando mettono da parte il rispetto e l’amicizia per seguire solo i propri interessi. Una dinamica difficile da spiegare, ma che ferisce.
Il custode, tra una tossaccia e una riflessione, prova a gettare un ponte: a volte, dietro una “scusa”, può esserci un tentativo di ricucire. Forse Luca non voleva solo i video di Roberta, forse cercava una possibilità. Ma è anche vero che una cornice senza quadro resta solo un oggetto inutile appeso al muro.
Tornando alle cose leggere, Roberto ammette che la quotidianità lo schiaccia. Il matrimonio incombe. Dieci giorni e sarà ufficiale. Il Black Friday non gli ha portato offerte decenti, ma almeno ha bruciato un’Audi A1 e un Qashqai in sorpasso, e quella piccola soddisfazione gli ha fatto tornare il sorriso.
Infine, chiude la giornata con una riflessione: se non si può pensare alle cazzate nei momenti più pesanti, quando cazzo ci si dovrebbe pensare? Sono le nerdate, le piccole follie quotidiane, che tengono in vita.
28 novembre 2015 — Chiodi, nostalgia e sfiga stradale
Roberto apre il sabato con un pensiero malinconico: è già passata una settimana da quando erano insieme, e la nostalgia lo prende alla gola come un vecchio pezzo di Battisti. Proietta già la settimana successiva: secondo lui sarà cappottato come una tartaruga, completamente distrutto.
Ma la vera sorpresa della giornata arriva subito dopo: una gomma bucata. Appena uscito dal lavoro, si accorge che la macchina tira a destra come una barca con un remo solo. Scende, guarda, e trova un chiodo conficcato nella ruota anteriore. La bestemmia parte automatica, e si ritrova a cambiare la gomma col rotino sotto la pioggia, maledicendo santi e carrozzieri. Un classico.
Nel frattempo, Rocco, solidale, si domanda se per caso la maledizione delle gomme non abbia colpito anche lui. Ma, stavolta, il destino sembra aver graziato almeno uno della compagnia.
29 novembre 2015 — Alimentatori modulari e stress da matrimonio
Tra una bestemmia e l’altra, si torna a parlare di PC assemblati. Il consiglio tecnico del giorno è chiaro: alimentatore modulare tutta la vita, perché avere cavi che girano a caso dentro il case è roba da masochisti. E anche la potenza va calibrata bene: 600W potrebbero bastare, ma se si vuole stare tranquilli, meglio puntare a 650 o 700W, anche in ottica futura.
Il tono si fa più nervoso, e Roberto ammette: sta sbroccando. Non per Sandrino, anzi — a lui chiede scusa — ma per tutto il contorno di gente che lo sta massacrando con i preparativi del matrimonio. Ancora non ha finito nulla, gira tutto il giorno e il tempo stringe.
Si parla anche di CPU Skylake, delle prestazioni e dei prezzi, con una valutazione tecnica molto lucida: i miglioramenti reali sono minimi, ma avere margine non fa mai male. Resta comunque la sensazione che la corsa alla potenza sia più una questione nerd che di necessità reale.
30 novembre 2015 — Tableau e componenti
È l’ultima giornata del mese, e si apre con una visita ad Amantea, dove Roberto compie due imprese epiche: acquista nuovi occhiali (quelli vecchi erano ridotti a pezzi) e conferma al ristorante la disposizione dei tavoli per il matrimonio.
La cifra è impietosa: da un picco immaginario di 340 invitati, si è scesi a 153 confermati. Il sogno di un matrimonio in stile Bollywood si è ridotto a un banchetto gestibile, quasi normale.
“Il mio matrimonio si sta trasformando in… un matrimonio normale.”
Parole che pesano come macigni.
Nel pomeriggio, la tensione esplode: tra tablot mariage, grafiche da approvare, disegni da correggere e nomi da inserire, Roberto si ritrova in trappola. Con una mano tiene su il cartellone, con l’altra scrive a Sandrino e risponde a mille persone contemporaneamente. Un incubo.
A dare una scossa ci pensa proprio Sandrino, che con la sua ironia torinese suggerisce di chiamarlo “tableau de mariage” e di assegnare ai tavoli i nomi dei componenti del PC: tavolo della RAM, tavolo della GPU, e via dicendo. L’idea, manco a dirlo, piace da morire a Roberto, che sogna già di urlare “Mech Warrior!” durante il ricevimento.
Si torna poi a parlare del computer di Sandrino, della CPU 6700, dei prezzi visti su Tao Computer (sito sconosciuto, ma sorprendentemente affidabile) e della scelta della RAM:
“Con 32 giga sei un signore.”
Ma Sandrino fa notare che 16 GB bastano e avanzano, persino per montare video in 4K.
La discussione si accende anche sulle schede video: la 970, la 980, la 960… ognuno ha un’opinione, ma Sandrino spiega il suo piano: vendere l’Alienware da tre anni per oltre 1000 euro e reinvestire tutto in un fisso potente.
“La mia 780 GTX vale ancora! È grossa come quattro dita ma tira come un mulo.”
Tutti concordano: è un affare incredibile, e Sandrino ha un culo cosmico. Ma la conclusione la dà Roberto, che si dice basito dai prezzi attuali:
“Io un anno fa la mia 970 MSI la pagai 357 euro. O adesso stanno a rubà o io vivo in un’altra dimensione.”