CAPITOLO 9 – Altolà, chi va là!
Turni e routine: la vita militare inizia davvero
I giorni passano in fretta, e presto mi vengono affidati i turni di servizio come previsto per ogni militare in caserma.
Oltre a spazzare e fare piccole mansioni, una o due volte a settimana sono assegnato alla guardia dell’ingresso principale o in una delle garitte sui muri di cinta.
Un lavoro monotono, a volte noioso, ma da affrontare per l’intera giornata lavorativa, con la divisa impeccabile e l’attenzione sempre alta.
Le notti in garitta: quando si scherza col fuoco
Capitava ogni tanto che la notte qualche Carabiniere anziano della caserma si mettesse a fare scherzi a chi era di guardia nelle torrette alle estremità più buie della scuola, tirandogli oggetti per farlo spaventare ma senza rischiare di farsi sparare.
Il problema? Eravamo armati, e il protocollo era molto chiaro:
Alla frase: “Altolà, chi va là!” si doveva rispondere subito. Se non si udiva risposta, bisognava ripetere la frase un’altra volta.
Alla terza volta senza risposta, la guardia era autorizzata a sparare per difendersi.
La statua alla mostra d’arte (e l’incontro con i gradi alti)
Prima che mi assegnassero il mio lavoro ufficiale venni mandato a fare da statua di cera all’interno di una mostra d’arte che si teneva nella Scuola. Dovevo stare in piedi e mettermi sull’attenti salutando tutti i passanti per l’intera giornata. Tra Generali, Sindaco, Ministri e persone illustri mi spaccai la schiena ma almeno ruppi quel disagio nel trovarmi davanti a persone di grado molto superiore al mio.
Alla Pepicelli ci avevano preparato bene, ma il mondo reale — anche quello ovattato della Scuola Ufficiali — aveva dinamiche tutte sue.
Le serate in stanza e la magia della PlayStation


La mia stanza la dividevo con un ragazzo che aveva portato con sé una PlayStation — cosa rara, quasi sacra, per l’epoca.
Ogni sera, dopo cena, si sedeva a giocare a Final Fantasy VII. Io, stremato, mi addormentavo guardandolo giocare.
Era una sorta di bacio della buonanotte, e per me che vivevo di videogiochi, diventò un piccolo rituale che alleggeriva la giornata.
Durante la settimana restavo in caserma. Ma il weekend, quando ero di turno libero, facevo tutto il percorso fino a Ottaviano, prendevo la metro e il treno per tornare a casa.
Il ritorno a casa (con la pistola da smontare)
Ogni volta che tornavo a casa, smontavo la pistola militare in tutte le sue parti.
Era un modo per prendere confidenza con l’arma, ma anche per capire quanto poco bastasse per trasformarla da oggetto di difesa a qualcosa di molto più pericoloso.
Un pensiero che non mi abbandonava mai del tutto.
Conclusione: armato, attento, ancora umano
Fare la guardia armata ti mette in uno stato mentale strano: devi essere pronto a tutto, anche se dentro ti senti ancora un ragazzo con pochi punti fermi.
Tra scherzi da caserma, mostre d’arte e sessioni di videogiochi, la leva continuava a cambiarmi, anche senza che me ne accorgessi.
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