CAPITOLO 10 – Il mio secondo lavoro
Quando il destino bussa all’autodrappello
Una mattina, mi sveglio e arriva l’ordine inaspettato:
“Oggi niente mimetica, hai finito di spazzare. Metti la divisa e presentati all’autodrappello.”
Non sapevo bene cosa mi aspettasse, ma già il solo fatto di non dover impugnare la scopa mi sembrava una conquista.
Autisti (militari) per professori universitari
Dovete sapere che alla Scuola Ufficiali Carabinieri non ci sono solo militari, ma anche docenti universitari civili. I professori tengono corsi di laurea triennale agli allievi ufficiali, e — nel 1998 — erano trattati con i guanti di velluto.
Ogni mattina, un’auto blu con autista militare li andava a prendere a casa e li riportava indietro a fine lezione.
E quegli autisti… eravamo noi: Carabinieri Ausiliari.
Il Maresciallo “Uanema”: il comandante dell’autodrappello
Il nostro comandante era un Maresciallo di origini campane, noto per la sua esclamazione preferita:
“‘Uanema!” – usata per qualsiasi emozione, dalla sorpresa all’irritazione.
Uso un nome in codice perchè avendo passato nove mesi in quel posto ho ancora chiari i nomi di tutti gli Ufficiali e Sottufficiali con cui avevo a che fare, oltre al fatto che oggi sono diventati tutti Generali con posizioni di comando abbastanza rilevanti, per cui evito di pubblicare informazioni potenzialmente sensibili ed uso i primi nomignoli che mi vengono in mente.
Ricordo ancora quando ci accolse nel suo ufficio, guardando noi tre appena assegnati al reparto trasporti:
“Uaaanema quanta gioventù!”
“Bla bla bla bla ‘uanemabla…”
“Fate come ‘uanema vi pare… basta che non graffiate, abbozzate o distruggete le macchine!”
Era il suo stile: colorito ma chiaro. L’unica cosa che contava davvero? Proteggere le auto del parco mezzi come fossero reliquie.
Il garage dell’autodrappello

Il garage dell’autodrappello, strettissimo e ad alto rischio graffi nelle manovre di uscita o entrata, comprendeva:
- 3 o 4 Fiat Brava
- Qualche Fiat Tempra
- 2 Fiat Ducato (per trasporti più corposi)
- 1 Lancia Thema: l’auto ufficiale del comandante della Scuola, intoccabile.
Una nuova routine (quasi da turista)
Da quel giorno, il mio lavoro cambiò del tutto.
Non più turni di guardia, niente più sudore in garitta.
Ora la mia giornata era fatta di:
- Chiamate dall’ufficio: “Autodrappello, Carabiniere Cinquini, comandi!”
- Corsa verso il piazzale per accogliere professori o ufficiali
- Viaggi a Roma per portare i docenti a lezione e riportarli a casa
In pratica, vedevo Roma tutti i giorni, in divisa, seduto al volante di un’auto dell’Arma.
Certo, dovevo fare attenzione a ogni minimo dettaglio, ma era anche un modo per vivere la città, sentirmi parte di qualcosa di più grande, e allo stesso tempo assistere silenziosamente al mondo accademico e militare che si incontravano.
Conclusione: dall’autorità alla responsabilità
Il mio secondo lavoro in caserma fu una sorpresa.
Mi insegnò che anche in un ambiente rigidamente gerarchico si può trovare uno spazio personale, fatto di attenzione, discrezione e anche un po’ di orgoglio.
E poi… Roma, in fondo, era casa.
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