Roberta: James, ci ha appena punto una zanzara! Moriremo?
James: si
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James conosce tutti i nomi della fauna in Italiano, e parla anche un po’ della nostra lingua oltre a capirla. Certo non è un esperto conoscitore del nostro vocabolario , e solo questo ci tira su il morale dopo la risposta secca che ci ha dato!
Ci dice che è riuscito a trovare lavoro solo dopo aver studiato Italiano a scuola, ha 42 anni e lavora da 10. Vive in una specie di favela nella periferia di Arusha, ha 2 figli e sua moglie fa l’insegnante.
Dopo questo, il buio. Parla poco ed è concentrato tutto il tempo a guidare e guardare a destra e sinistra per scovare animali, diciamo che non è proprio la migliore guida che io abbia mai avuto, ma questo passa il convento.
Oggi è l’ultimo giorno di safari prima di tornare ad Arusha dove passeremo un altro giorno in attesa del nostro volo.
Siamo nel parco nazionale di Tarangire, dagli elefanti incazzati e dai baobab giganteschi che visti dall’alto sembrano enormi funghi verdi.
Questo è l’unico posto dove ho sentito i pachidermi barrire minacciosi verso la jeep. Sembra infatti che rimanere per troppi minuti fermi sia per loro una minaccia incitandoli a caricare. La caccia agli elefanti qui è molto in voga per i bracconieri per cui l’illusione che avevamo avuto fino ad oggi, di animali sorridenti e amici dell’uomo, viene a mancare, soprattutto quando un bestione più alto della macchina apre le orecchie e abbassa la testa verso di te per farti capire chi comanda!
Il parco, come il precedente, non ci esalta e a momenti ci annoia, se non fosse per un bell’esemplare di leopardo spaparanzato sul ramo di un albero che chiude in bellezza la nostra avventura nella savana!
E via a tavoletta verso Arusha, passando in mezzo a villaggi sgangherati e piantagioni di caffè verdissime. Il monte Meru all’orizzonte e la paura di voltarsi ed essere colti dalla malinconia di un viaggio che sta finendo.