Lara Lara Lara…
Più invecchio, più mi rendo conto che gioco ancora a Tomb Raider solo perché tu sei un piacere per gli occhi.
Fisicamente, intendo.
Perché diciamolo: il gameplay non cambia da anni.
Scalate, frecce, salti, crolli, animali selvatici e pareti da arrampicare.
Sì, tutto ben fatto — ma nulla che faccia gridare al miracolo.
Un capitolo visivamente eccezionale… e noioso da morire
Questo capitolo in particolare è una gioia per gli occhi, ma anche una delle esperienze più monotone che io ricordi negli ultimi anni.
La foresta è bella, certo.
I cunicoli pure, misteriosi e inquietanti al punto giusto.
Ma tolti questi due ambienti, non c’è altro.
E il problema è che, dopo un po’, ti viene da sperare che il gioco finisca presto, giusto per passare a qualcosa di nuovo.
Però… lo consiglio
Sì, lo consiglio.
Perché Tomb Raider oggi è come una serie TV che conosci a memoria: non la guardi per scoprire qualcosa di nuovo, ma per rilassarti.
Non serve concentrazione, non serve spremersi sui dialoghi.
È perfetto per quelle sere in cui vuoi giocare senza pensare troppo.
Ti offre un po’ di esplorazione, qualche enigma, e tanti momenti in cui osservare da vicino la psicologia di Lara.
E su questo punto, va detto: questa versione di Lara Croft è la più umana di sempre.
Ha paure, dubbi, cicatrici.
Una protagonista finalmente tridimensionale, non solo nel rendering.