Qui sembra di essere tornati agli anni ’90.
Libertà di andare in moto senza casco, negozi che vendono (solo) cd per masterizzare, portafogli pieni di soldi (l’avvento delle carte di credito per le masse deve ancora arrivare) e, non meno importante degli altri, possibilità di passare ai varchi di sicurezza di un aeroporto con tutta l’acqua che vuoi.
Mentre aspettiamo che apra il check-in nelle sale d’aspetto passano una serie TV, forse di fattura indiana, piena di samurai che si menano con combattimenti dalla fisica improbabile, seguita da una puntata di House of Cards.
Una serie americana qui in Iran? Perché no, dopotutto parla di quanto sia corrotto l’establishment statunitense, gli ayatollah lo vanno dicendo da anni perché non mostrarlo anche alle masse con un prodotto d’oltre oceano?
Ritornare a Tehran dopo una settimana ci proietta di nuovo nel caos del traffico, con fumi di gas che penetrano nel taxi e una nebbia di smog perenne che nasconde pure l’orizzonte.
Dopo aver posato le cose in albergo decidiamo così di cambiare mezzo di trasporto, ed autobus e metro sono i migliori candidati (anche perché un biglietto costa 20 centesimi).
Purtroppo questa scelta ci sbatte in faccia l’interpretazione più folle del Corano, che insieme a quella sul velo sono le peggiori emanazioni di un governo teocratico: uomini da una parte, donne dall’altra.
In autobus è obbligatorio, maschi e femmine devono viaggiare uno davanti e l’altra dietro, in metro le cose vanno un po’ meglio ma i primi e gli ultimi vagoni sono comunque riservati alle sole donne.
Lo sapevamo sin dal primo giorno che qui è così, e il ritratto dell’ayatollah Khamenei su ogni muro non faceva che ricordarcelo ogni giorno, ma una cosa è vivere da turista sui taxi, in quel microcosmo che separa il marciapiede dal comodo sedile, un’altra è scendere da quella sedia e mettere i piedi sulla strada, dove la legge non fa distinzioni.
Tehran ce lo ricorda bene, e non le basta essere una metropoli tutto sommato moderna, pulita (a parte l’aria) e trendy per farci chiudere un occhio.