I Canti di Hyperion

hyperion2Dopo aver letteralmente divorato la saga fantascientifica “l’Alba della Notte” di Peter F. Hamilton, non credevo che mi sarei più immerso in una storia talmente profonda, ambientata nel futuro e dalle tematiche attuali.

Anche perchè leggere migliaia di pagine richiede una certa costanza, ed ogni volta che ti approcci a tali opere puoi mettere da parte tutte le altre letture che vorresti far tue, e prepararti a settimane, se non mesi, di totale appartenenza ad un’unica, gigantesca storia.

I Canti di Hyperion di Dan Simmons sono proprio questo, una tetralogia immensa e complessa, una space opera grandiosa che mi rapisce per 3 mesi, per tutto l’inverno del 2015 in cui intraprendo il pellegrinaggio alle Tombe del Tempo, insieme ai sette pellegrini che cambieranno la storia dell’umanità, arrivata nel ventottesimo secolo alla sua più grande prova di sopravvivenza ed evoluzione.

Simmons nella saga fa spesso riferimento al poeta John Keats, da cui evidentemente trae ispirazione, tanto da farlo rivivere all’interno di un “cibrido”, un essere umano collegato al nucleo di intelligenze artificiali che nei quattro libri rappresentano la più grande creazione dell’uomo, così come il più grande parassita che l’umanità si troverà a fronteggiare.

Uomo e Intelligenza Artificiale, due entità che colonizzano l’universo nel presente e nel futuro, alla ricerca del proprio Dio e dell’affermazione della propria razza su tutto ciò che è visibile e tangibile.

Questo è proprio il grande dilemma di Keats, il quale pensava che le persone fossero capaci di differenti livelli di pensiero, e che la maggior parte non considerasse il mondo al di fuori di se stessi. Eppure le porte per varcare il proprio personale mondo sono aperte, e passare ai mondi adiacenti è alla portata di tutti, ma l’umanità secondo il poeta non ha alcun desiderio di concepire pensieri profondi, di varcare quelle porte e spostarsi verso un nuovo livello di esistenza.

Per questo vegeta e ristagna nella tecnologia, smette di procreare grazie alla più grande invenzione regalata dal nucleo, la resurrezione, e non si accorge che invece è prossima all’estinzione.

Raccontare cosa succede nella tetralogia è impossibile tanto è vasta, è facile perdersi nei meandri dell’intreccio e della smisurata geografia disegnata in quest’opera.

Ogni libro porta con se un viaggio. Nell’archeologia, nel presente, nel futuro, in noi stessi.
Al termine del percorso c’è la coscienza di ciò che siamo e non siamo,
Dan Simmons pervade quest’opera di religione e tecnologia, ci mostra le porte aperte che nel nostro mondo personale si affacciano sull’infinito e ci insegna a varcarle.
L’uomo è dio e universo allo stesso tempo, muore e risorge per giungere a questa consapevolezza.

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