Marzo 2016 – Tra droni, bollette e tiramisù: un marzo di risate, sfide e tecnologia

Marzo 2016 fu uno di quei mesi in cui la nostra chat diventò un fiume in piena: un alternarsi continuo di sfottò, confidenze, lamentele domestiche e parentesi nerd. Se ci ripenso, mi sembra di sentire ancora il suono delle notifiche e di rivedere il carosello di foto, link e messaggi vocali che rimbalzavano da un telefono all’altro.

Si partì in quarta con Masterchef, che ormai era diventato il nostro sport preferito dopo cena. Io e Rocco, compatti come due ultrà, a tifare contro chi ci stava antipatico, lanciando insulti fantasiosi: “Alida la puttana” e “Erika l’inutile” entrarono subito nel nostro lessico. Sandrino, più diplomatico, cercava di non spoilerare per non rovinare la visione a chi era indietro. In mezzo a tutto, il sogno di andare un giorno tutti insieme a “La Pergola”: “Solo a guardarli, quei piatti, è un’esperienza… peccato che ti parta mezzo stipendio”. Un piatto di pasta al pomodoro 30 euro, antipasto minimo 32: “Leonardo non lo porto, che me lo fanno pagare a peso d’oro”.

Poi arrivò il capitolo bollette. Io che mi strappo i capelli per 420 euro di gas, Rocco che risponde con un tono da vecchio patriarca: “Io vado ancora a bombole”. Partì la lezione tecnica sulle bombole da cucina e per l’acqua calda, seguita da Sandrino che calcolava consumi e durate come se fosse un esercizio di fisica. L’apice lo raggiungemmo quando, parlando dei termosifoni, mi chiesero se per caso scaldassi “anche l’acqua del water”.

Intanto, Sandrino presentava orgoglioso il suo nuovo drone con sensori anticollisione, mentre io cercavo di capire cosa avesse di così rivoluzionario e Rocco già pensava di regalarglielo per il quarantesimo. In parallelo, nasceva il dibattito sull’anello di compleanno per Luisa: “Consigliami un gioiello che la lasci senza fiato, ma senza vendere un rene”. Arrivarono le dritte sui Damiani e sul modello “Gomitolo”, ma anche gli sfottò: “Se le compri quello grosso, Rocco te lo incide pure con simboli venatori e poi Luisa non lo mette mai… 500 euro buttati”.

Nel frattempo, un innocente dolce diventava miccia per la sfida del tiramisù: Margherita contro Sara “la maga”, con me auto-proclamato giudice (“Ma che credi, che sono scemo?”). Tra dichiarazioni d’onore e minacce di ritorsione (“Non ti faccio manco gli auguri!”), il tono era quello di un reality.

Sul lavoro, mi godevo la mia vendetta segreta: il MacBook Pro da 2.500 euro del collega Marcello che si rompeva, con lo schermo pieno di righe. Lui, bestemmiando come non mai, scopriva che la garanzia era solo di un anno e che la riparazione costava 890 euro. Ciliegina sulla torta: 41 euro di multa per il parcheggio davanti al centro assistenza. Io? Goduria pura.

L’8 marzo in Calabria lo racconto ancora come fosse un film: entro in pizzeria e mi ritrovo circondato da donne di ogni età — 18enni, milf, signore vestite in modalità “nude look” — con un’aria da “Sagra dell’ormone”. Il proprietario ci avvisa: “Aspettate che bevono… poi diventano peggio degli uomini”. Io e l’altro povero maschio della sala, due gazzelle circondate dai leoni.

Il mese prese una piega “medical drama” con Sandrino malato: prima la prostatite, poi il sospetto calcolo renale. Lui a raccontare dettagli clinici (“Dolore tra pisellino e culetto”), noi a prenderlo in giro: “Te lo sei preso in un festino alcolico?”. Tra diagnosi, antibiotici e dieta in bianco, il gruppo diventò un consulto medico permanente. Nel frattempo, organizzavamo il brunch da lui: antipasti di Veronica, lasagna perfetta di Sandro, salsicce, finocchi con olive taggiasche e il dolce alle carote “che mi ha cambiato la vita”. Io, escluso per distanza, a lamentarmi del “brindisi in memoria mia”.

Le nostre pause nerd erano un capitolo fisso: discussioni infinite su realtà virtuale, tra scetticismo (“È solo marketing delle case produttrici”) e curiosità (“Ma vuoi mettere Destiny in VR?”). Elenco dei giochi in lista: The Division, Far Cry Primal, Dragon Age, con il classico “Sì, ma quando ci gioco?”. Le testimonianze si sprecavano, compreso il cugino di Luisa che passava da Destiny a The Division come se avesse trovato l’oro.

Verso fine mese scoppiò la polemica Netflix: io furioso perché toglievano intere stagioni senza preavviso (“Se pago, voglio la stabilità. Non posso iniziare Dr. V e il giorno dopo scoprire che l’hanno cancellato!”). Sandrino e Rocco, d’accordo, iniziavano a pensare a un uso “mordi e fuggi” dell’abbonamento solo per le serie Marvel. Intanto, scoprivo su un forum che Netflix aveva ridotto del 30% i contenuti in due anni.

Sul fronte locale, la vita non mancava di offrire materiale: processioni pasquali che bloccavano le strade (“Portano statue in giro, poi bestemmiano il giorno dopo”), e le tradizioni di Verbicaro, dove ci si passa sul corpo tappi di sughero con chiodi dopo aver bevuto fiaschi di vino. Il tutto mentre si pianificava la Pasquetta a casa di Sandrino, occasione di invidia e un po’ di malinconia per chi, come me, restava fuori.

In mezzo a tutto, c’erano le nostre mini-ossessioni tecnologiche: lo Smart Band Talk, che io e Rocco decantavamo come “segno del destino” per la sua batteria infinita, e che Sandrino interrogava sulle funzioni di dettatura vocale. C’era poi il viaggio in prima classe di Sandrino a Brescia, trasformato in maratona di fantascienza con “The Martian” e “Interstellar” sul Surface, e la soddisfazione di sei ore di film con ancora il 10% di batteria.

Non mancavano i ricordi condivisi, come la serata alla Feltrinelli per l’anteprima di Diablo 3: in sé un evento inutile (fila, scatola in mano e via), ma nella memoria un momento bellissimo di complicità.

E naturalmente, gli scambi di battute erano continui:
— «Rocco, ma tu vai ancora a bombole? Nel 2016?»
— «Eh, e le tengo pure in coppia: una per il bagno e una piccola per cucinare».
— «E scusa, i termosifoni come li accendi, col fiato?»

Oppure, sul brunch:
— «Roberto, ti sei perso la lasagna di Sandro, il dolce di Veronica… un evento epocale».
— «Ah, grazie eh, brindate pure alla mia memoria, tanto sono già morto dentro».

E ancora, in clima medico:
— «Sandrino, ma che ti è successo?»
— «Fulmini tra pisellino e culetto».
— «Poetico. Quasi da mettere su una targa».

Marzo si chiuse così, tra battute, confessioni e quell’affetto mascherato da sarcasmo che è il nostro marchio di fabbrica. Tra un dramma tecnologico e una ricetta, tra una tradizione medievale e un gadget elettronico, avevamo creato un flusso continuo di storie, un “noi” che funzionava anche a distanza. La sensazione era che, pur sparsi per l’Italia, la nostra chiacchiera fosse la colonna sonora stabile delle giornate di tutti.

Era il bello di quel marzo: sapere che, qualunque cosa succedesse, da un piatto di pasta da 30 euro a una battaglia epica contro il tiramisù, ci sarebbe stato sempre qualcuno pronto a ridere, commentare, o semplicemente a dirti “ti voglio bene” in mezzo a una frecciata.