Victoria falls Victoria falls

Doctor Livingstone, I presume.

Arrivati nell’impronunciabile Zimbabwe, imparo finalmente il nome di un autoctono senza dover ricorrere a pseudonimi.
Mthabisi è il tassista che oggi mi porta al confine con lo Zambia, proprio sulle sponde dello Zambesi con il solo e unico scopo di trovarmi una piattaforma sicura di decollo per il drone, lontano da occhi indiscreti e curiosi che altrimenti non mi permetterebbero di volare in tranquillità.

E così mentre Mthabisi controlla che non si avvicinino coccodrilli o altri animali dalla fauce facile, io sono libero di giocare un pò con dronino e riprendere le maestose Cascate Vittoria dall’alto.

Mosi-oa-Tunya, il fumo che tuona, era un nome decisamente più appropriato prima che Livingstone decidesse di ribattezzarle, ed effettivamente ci sono tratti, lungo la passeggiata che le costeggia, in cui si è completamente avvolti dall’acqua nebulizzata sprigionata dall’impatto del fiume dopo oltre 120 metri di caduta libera, più del doppio delle Cascate del Niagara!

Questa è decisamente l’attrazione paesaggistica più grande ed emozionante che ci ha regalato il viaggio, ora che l’ho vista mi rendo conto che non avrebbe senso intraprendere un volo così lungo dall’Italia senza fare tappa alle Cascate Vittoria.
Anche la vegetazione fa un salto di qualità, sviluppandosi in una foresta a galleria di mangrovie, ricca di fiori e foglie verdissime, un paesaggio che nel nostro immaginario potrebbe essere molto vicino a quello di un’isola tropicale.

Mthabisi, sulla sua Toyota Isis importata dal Giappone con tanto di apertura elettrica e navigatore GPS in ideogrammi, oggi è il mio eroe ed anche la sera è dei nostri, accompagnandoci nel nostro ultimo ristorante Africano.
Delicate polpettine di coccodrillo aprono il mio pasto, mentre, in sottofondo, il fumo che tuona è addolcito dalle note di un pianoforte a coda.

…10.000 chilometri

Leave a Reply