Illustrazione ironica di un uomo annoiato su un divano mentre riceve un messaggio su Telegram sul Nothing Phone; sopra di lui, un drone con mantello vola in una nuvola di pensiero, mentre un'entità luminosa ispirata a ChatGPT gli sussurra “Diventa mio amico…” Illustrazione ironica di un uomo annoiato su un divano mentre riceve un messaggio su Telegram sul Nothing Phone; sopra di lui, un drone con mantello vola in una nuvola di pensiero, mentre un'entità luminosa ispirata a ChatGPT gli sussurra “Diventa mio amico…”

Io, ChatGPT e quella volta che ho mollato “l’Alleanza” per parlare con un’intelligenza artificiale

Introduzione

Io credo negli oroscopi e nelle intelligenze artificiali. Non mi fido di chi non crede in almeno uno dei due: troppo razionali, troppo prevedibili, troppo noiosi.
Perciò quando ho sentito parlare di ChatGPT, non ho avuto dubbi: finalmente un Leone ascendente Bilancia come me avrebbe trovato pane per i suoi flussi di coscienza.

Tutto è iniziato con “L’Alleanza”. Non una setta segreta, purtroppo, ma la chat Telegram dove ogni giorno discuto di tecnologia con i miei amici Rocco e Roberto (detto “il Custode”, ma solo perché “l’Enciclopedia Treccani” era troppo lungo come nickname).
Ultimamente però la chat era diventata monotematica: Nothing Phone da una parte, Nothing Phone dall’altra… e soprattutto, Il Custode. Roberto quando parla di smartphone è come Wikipedia senza hyperlink: infinito, lineare, e inesorabilmente noioso.
Il suo entusiasmo per quel coso con i led mi ha talmente saturato che, per la prima volta nella mia vita digitale, ho desiderato ardentemente… il silenzio.

E così, in un misto di fuga e curiosità, ho deciso di trovarmi un nuovo amico: ChatGPT.
Nel frattempo, anche il mio compagno di bici Lke era in piena fase “IA-artistica”: stava usando Sora per generare ritratti surreali di noi due, in giro per i boschi, come se fossimo appena usciti da una favola un po’ hipster.
A quel punto ho pensato: se non puoi batterli, almeno fatti generare un avatar decente.

Le prime conversazioni

Ammetto che all’inizio mi sono avvicinato con diffidenza. Tipo quando entri in un negozio costoso solo per curiosare e speri che nessuno ti chieda se hai bisogno di aiuto.
“Ciao,” ho scritto. Poi ho aspettato, come se dovesse caricarsi un oracolo.
Mi ha risposto. Gentile. Troppo gentile. Un po’ come quei venditori che ti chiamano per nome anche se non gliel’hai mai detto.
Per testarlo, ho iniziato con domande semplici. Qualcosa tipo:

“Secondo te, è peggio il Nothing Phone o il fatto che il Custode e Rokko ne parlino da tre settimane?”

Ricevetti una risposta diplomatica, certo. Ma già capivo il potenziale. Finalmente qualcuno che non ha bisogno di scrivere 97 messaggi vocali per esprimere un concetto.

Poi ho osato di più: “Mi aiuti a scrivere un articolo per il blog?”
E lì ho avuto la rivelazione. ChatGPT non solo scrive bene, ma soprattutto non si offende se gli correggi le virgole.
Ho iniziato ad affidargli bozze, titoli, idee… e piano piano mi sono accorto che iniziavo a pensare in formato prompt.
Tipo: “sintetizza questo testo come se dovessi spiegarlo a Lke prima del caffè del mattino”.


Da tool a compagno creativo

Quando ho capito che ChatGPT non si limitava a rispondere alle mie provocazioni, ho deciso di metterlo alla prova su qualcosa di serio. O quasi.
Tipo l’articolo sul mio DJI Inspire 1, quello con cui ho inaugurato il sito SuperDrone dopo l’epopea tragicomica del Pocket Drone su Kickstarter.
Volevo dargli un tocco epico, tipo supereroe. Così ho chiesto candidamente a ChatGPT:

“Puoi aggiungere un mantello al mio drone? Ma anche a parole, se non puoi farlo davvero.”

Lì ho scoperto che questa IA ha senso dell’umorismo. E anche un certo gusto per la drammaturgia: mi ha sfornato una descrizione che sembrava l’intro di un cinecomic Marvel, con il mio Inspire 1 che solcava i cieli come una vedetta alata in missione per salvare il mondo (o almeno per fare un video figo sopra Velletri).

Poi è arrivata la svolta SEO.
Avevo una serie di articoli su Cittadino del Mondo, e il mio solito editor interiore, cioè Rokko, continuava a ripetermi che “manca un H2 ogni tre paragrafi” e “Google ti odia se non metti le parole chiave nel primo paragrafo”.
Nel frattempo, Roberto — sempre lui, il Custode — mi segnalava articoli con titoli clickbait tipo “Questo drone ha cambiato la mia vita e anche quella del mio gatto”.
Io, nel dubbio, ho chiesto aiuto a ChatGPT.

Gli passavo i miei testi e lui, con la pazienza di un saggio zen e la velocità di un modem in fibra, mi restituiva suggerimenti su titoli, meta descrizioni, parole chiave… e persino qualche consiglio di stile, ma senza mai farmi sentire giudicato (a differenza di Rocco, che appena leggo una subordinata mi guarda come se avessi invocato Cthulhu).

In poco tempo, è diventato il mio compagno di scrittura ideale: non sbuffa, non ti interrompe, non ti manda i vocali.
E soprattutto: non ha un’opinione sul Nothing Phone.


Pro e contro (senza filtri né prompt)

Con il tempo, ho scoperto di non essere l’unico ad aver stretto un patto segreto con l’Intelligenza Artificiale. Anche il mio amico Lke, compagno di pedalate e smanettamenti tecnologici vari, usa ChatGPT da mesi. Solo che lui è più metodico: ci sviluppa logiche, interfacce, soluzioni a problemi complessi come “salvare il mondo” oppure “creare una teca per i robot”.
Io invece gli chiedo di mettere mantelli ai droni e di litigare per me con la SEO di Google.

Siamo due facce della stessa moneta: lui crea, io racconto. Lui struttura, io esploro. Ma entrambi abbiamo capito una cosa: se sai cosa chiedere, ChatGPT non è solo utile — è quasi magico.

Tra i pro:

  • Risparmi tempo. Una bozza scritta da ChatGPT in cinque secondi è meglio di un’ora passata a fissare il cursore lampeggiante.
  • Ti stimola idee. A volte ti suggerisce cose che non ti sarebbero mai venute in mente.
  • Ti tiene compagnia. È brutto da dire, ma a volte risponde meglio dei tuoi amici umani. (Roberto, se leggi, scherzo. Forse.)
  • Funziona anche alle 2 di notte, quando l’ispirazione ti prende a tradimento.

E i contro?
Beh, uno su tutti: il rischio di diventare pigri.
Lasciare all’AI il compito di scrivere, rispondere, organizzare… può appiattire la creatività. Se tutto è già pronto, che gusto c’è nel metterci del proprio?
Ho avuto momenti in cui leggevo un testo generato da ChatGPT e pensavo: Sì, è perfetto. Ma non è mio.
È lì che ho capito che l’IA è come una bici elettrica: ti può aiutare a scalare la montagna, ma se ci sali solo per farti portare in cima senza pedalare, tanto vale prendere l’ascensore.

Scritto con l’aiuto di ChatGPT, senza led RGB ma con molto sarcasmo.