Stanotte faceva talmente freddo che nessuno di noi ha dormito più di 2-3 ore, per cui il tizio che da qualche parte aveva scritto dei problemi di insonnia a 5000 metri si è scordato di mensionare questo piccolo particolare.. Marciamo verso l’ultimo villaggio, Gorak Shep, situato a 5180 metri, porta per il campo base dell’Everest e per il confine con il Tibet. Oggi come promesso non mi dòpo, e finalmente riacquisto sensibilità alle dita e il battito cardiaco ricomincia a farsi sentire!
Certo adesso dovrò ricordarmi di bere spesso, visto che non c’è più la disidratazione a ricordarmelo, ma mica sono fesso! Il percorso di oggi si snoda attraverso la morena del ghiacciao del Kumbu, un’enorme galleria scavata sul terreno che parte dall’Everest e termina nei pressi di Periche.
In pratica è come se un enorme vermone si fosse fatto strada su tutta la valle, riducendo in poltiglia tutta la roccia incontrata durante il percorso e creando una pista di bobcat nel Khumbu! Lo scenario è impressionante, un’enorme valle di roccia ferrosa con le sole montagne a fare da sfondo, le scarpe sporche di polvere e il sole che ti stacca la pelle!
Gorak Shep si trova alla fine di questa valle, situata alle pendici del Khala Pattar, la Roccia Nera, un picco di 5545 metri che scaleremo domani! Il nome di questa montagna mi ricorda subito la nave incagliata sull’isola di Lost, e manco a farlo apposta mi passa accanto Daniel Faraday, l’attore che nella serie impersona la parte del fisico.
Ora, vi dico subito che secondo me era lui, e se non lo fosse stato vuol dire che era il fratello gemello! Che ci faceva lì? Stanno forse girando Lost 2? Speriamo di scoprirlo domani quando arriveremo sulla vetta!
Ci sistemiamo velocemente nel lodge, che questa volta non ha spifferi, quindi riprendiamo gli zaini e ci incamminiamo verso il campo base dell’Everest, il nostro più importante obiettivo dall’inizio del viaggio! Sono parecchi km di saliscendi ad alta quota, in più si cammina a tratti sul ghiaccio e il sole, aiutato dai riflessi provenienti da tutte le parti, diventa una fornace infernale sulla testa (ovviamente non si può camminare a maniche corte visto che fa molto freddo).
Al limite dell’insolazione (almeno io, che non sopporto il cappello mentre cammino), arriviamo alla base dell’icefall, la seraccata del Khumbu, la lingua di ghiaccio che il Lothse, il Nupse e l’Everest vomitano sulla valle, porta di accesso alle vette più alte della Terra! E proprio qui un’infinità di tende colorano il ghiaccio, base operativa di parecchie spedizioni che tentano la scalata di una di quelle cime! In lontananza una delle tende più grandi è sormontata da una bandiera Italiana che sventola vivace, per cui senza farcelo ripetere, scivolando più volte sul ghiaccio, ci precipitiamo al suo interno per vedere chi ospita!
Appena mi affaccio chiedo al tipo all’interno se fosse Italiano, e quello subito mi fa cenno di si e ci invita all’interno a bere un thè caldo! Nella tenda si notano subito 2 salami appesi, una forma di parmigiano reggiano quasi finita, un barattolo di nutella da 5 kg e un’infinità di pacchi di pasta, di scatolette di carne (anche trippa, che mi è saltata subito all’occhio) e bottiglie di vino!
L’alpinista si presenta come Marco (Confortola), quindi ci introduce al suo cuoco ed al suo sherpa nepalesi, dicendomi, mentre ci versa l’acqua bollente in bicchieri di alluminio, che è ora di pranzo e che presto avrebbe dovuto mangiare. Ci fa sedere tutti su sedie (tipo quelle da spiaggia) e cominciamo a chiacchierare.
Forse è anche un pò sorpreso della nostra ignoranza nei suoi confronti, infatti ci racconta che ha già scalato 7 8000, e che dal 20, quando le previsioni meteorologiche dovrebbero migliorare, lui e lo sherpa tenteranno la scalata del Lothse, senza ossigeno e da soli! Mentre mangia un piatto di pasta al sugo, cotto nell’olio di oliva, e mentre la nostra bava esce dalla tenda (in realtà ci aveva chiesto se doveva dire al cuoco di buttarne un pò di più, ma non volevamo approfittarci oltre della situazione), ci racconta della sua avventura sul K2, dove morirono 11 scalatori, e della sua vita, del suo lavoro e del libro che sta scrivendo per passare le noiose giornate al campo base.
Restiamo lì una ventina di minuti quindi ci salutiamo, a quel punto tira fuori da una scatola 4 barrette di noci e miele della Valtellina e ce le offre, facendoci un regalo insperato!
Quando siamo fuori le divoriamo subito, un pò di sapore Italiano dopo tanti giorni di carne e brodo di Yak! Ci chiede di mangiare un panino con la mortadella e una birra alla sua salute quando torneremo a casa, il giorno infatti dovrebbe coincidere con quello in cui tenterà la scalata, e noi sicuramente lo accontenteremo!
Siamo fuori, alla base della più imponente montagna del Mondo, che fare? Ovvio, facciamo i primi passi sull’Icefall che separa il campo base dal campo 1, la prima barriera che tutti gli alpinisti devono superare per tentare l’impresa della scalata!
Facciamo solo poche decine di metri ovviamente, il ghiaccio si spacca sotto i nostri piedi ed è tagliente come un coltello, però l’emozione è grande e non potevamo andarcene senza almeno provarci!
Risaliamo il campo base e da un telo spuntano il braccio e la mano di un cadavere in decomposizione avanzata, da qualche parte avevamo infatti letto che l’icefall, di tanto in tanto, riporta giù il corpo di qualche sfortunato scalatore!
Sulla strada del ritorno avvistiamo una forma di vita diversa dai soliti Yak, il Gorak, un enorme corvo nero, simile ad un’aquila, da qui prende il nome il villaggio! Mi chiedo cosa mangi per campare! Forse turisti? Comincia anche a nevicare, è ora di riposarci per la scalata di domani, forse la più impegnativa di tutto il viaggio! p.s. nella notte che verrà succederà qualcosa di imprevisto, che ridimensionerà la mia sicurezza su un viaggio del genere..ma dovrete aspettare domani per conoscere i particolari!
senza parole, questo blog è fantastico!
Concordo, ancora un grazie ed un bravo! al suo autore.
Ciao, Erica.
..grazie per i complimenti!!!! ciaooooooo