vita militare: i primi dubbi

1 September 2013
altolà

CAPITOLO 12: i primi dubbi

i primi dubbi
l’esito della prova scritta

A volte capitava di dover fare la notte nell’autodrappello, il che significava stare svegli dalle 23:30 alle 07:00 senza la possibilità di passare il tempo con telefonini moderni, pc portatili, console o altre amenità elettroniche che avrebbero reso quelle ore sicuramente più brevi.

Te ne dovevi stare accasciato al tavolo davanti alla TV per tutto il tempo, aspettando le 06:00 quando prendevi la macchina più scassata per fare il giro delle sedi dei giornali raccogliendo in ognuna le testate con cui alla Scuola avrebbero poi fatto la rassegna stampa.

Di ritorno dal giro si passava poi nella pasticceria di Via Barletta 27 dove ad attenderci c’erano i cornetti caldi da portare ai colleghi che come me erano di turno in quelle ore.
Se invece capitava il turno del pomeriggio, allora oltre a riportare a casa i docenti, prendevamo il Fiat Ducato e trasportavamo alla metro di Ottaviano tutte le persone che avessero finito il turno e che tornavano a casa!

Durante quelle giornate spensierate arrivò anche la lettera di ammissione alle prove fisiche per il concorso Marescialli dell’Arma dei Carabinieri, avevo infatti superato la prova scritta e non mi restava che farmi visitare di nuovo per poi presentarmi alla prova orale.

Successivamente non passerò proprio quest’ultimo test, era evidente all’epoca che la mia avversità verso lo studio fosse più che conclamata per cui lasciai andar via quest’opportunità con un futuro che improvvisamente diventava di nuovo incerto, tra la possibilità di rimanere nei Carabinieri oppure riprendere i panni civili e cercare un lavoro fuori le mura dell’Arma.

Ero quasi certo che avrei chiesto il prolungamento del mio servizio per almeno un altro anno e spesso mi ritrovavo a discutere di questa cosa con le persone che trasportavo chiedendo loro consigli.

Devo dire che nessuno mi spinse mai a rimanere nell’Arma anzi, mi mettevano in guardia su questa scelta, che comportava da una parte l’appartenenza ad una Famiglia e ad un lavoro più che rispettabile, dall’altra sacrifici, la lontananza prolungata da casa e la permanenza, anche se in maniera più lieve, in un habitat fatto comunque di regole militari.

A metà anno si congeda il mio compagno di stanza, che si porta via la playstation ma in cambio mi lascia la stecca, un oggetto che viene passato di generazione in generazione tra commilitoni come a sancire l’unione che rimarrà viva nel tempo e che dà la forza di continuare e mantenere alto l’onore del gruppo, nel nostro caso della nostra cameretta da due letti.

La stecca era una stampella dell’armadio su cui erano incisi i numeri di corso di ogni Carabiniere che la lasciava, per cui adesso avevo anche io un oggetto da lasciare ai posteri, uno stendardo su cui però non era più ricamato il simbolo del joypad…

continua…

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